Pillola n. 2
- Veronica Buscarini

- 25 mag 2020
- Tempo di lettura: 5 min

Di solito quando ci si mette a scrivere è perché si ha un’idea. Può capitare però di trovarsi a corto di idee, questo perché per scriverci su un romanzo o un racconto è necessario che quell'idea sia un pochino più strutturata, che non sia soltanto una suggestione.
Detto questo, dove trovo le idee?
È facile, nel mondo in cui vivi. Osservando la realtà ingenuamente, stupendoti anche delle banalità: è il modo più naturale di trovare idee.
Esci, chiacchiera con gli amici, ascolta ciò che dicono gli altri, ruba discussioni in autobus o al bar; fai passeggiate, annusa gli odori che ci sono in giro, osservane i colori, descrivili fra i pensieri; pensa alla bellezza delle cose banali, ai gesti quotidiani, quelli più semplici; osserva i tuoi sentimenti quando sei felice e quando sei triste, lascia che ti insegnino qualcosa; ecco, vivi intensamente, al punto da saperlo raccontare.
Viviamo immersi in un mondo di storie. Pensateci, ne siamo circondati, i fatti diventano storie non appena ci vengono raccontati o non appena li raccontiamo. La pubblicità ci racconta storie. Gli amici. E poi ovviamente le canzoni, i libri, i film, i giochi da tavolo.
A volte però le storie che potremmo raccontare ci circondano, ci stanno intorno, ma non sappiamo come fermarle. Questo perché bisogna saperle afferrare, bisogna cercarle.
Come si fa?
Non c’è un libretto delle istruzioni, ognuno la creatività la gestisce a modo suo. Ci sono però gli esempi, i segreti di altri scrittori; metodi che possono aiutarci a trovare le idee.
Georges Simenon, che scriveva i suoi libri in tempi record, trovava le sue storie nell'elenco telefonico. Lo apriva, leggeva i nomi, e quando ce n’era uno che lo colpiva cominciava a pensarci ossessivamente per giorni. Immaginava tutto di quella persona: carriera, relazioni, parenti, amici, carattere, ecc.
Immaginarsi tutto di una storia è sicuramente qualcosa che va fatto prima di scrivere, c’è chi si fa delle schede vere e proprie (personaggi, trama e quant'altro), chi invece non fa altro che pensare e ripensare alla sua idea tenendo tutto dentro la propria testa. Non è importante la modalità, ma è necessario rendere solido il proprio racconto, rendere veri i protagonisti, i dialoghi e le vicende.

Questo procedimento ha un nome e gliel'ha dato Ernest Hemingway, si chiama principio dell’Iceberg. Sono sicura che ne avrete già sentito parlare.
Avete presente l’iceberg? Ecco, si vede solo la punta, la punta è la nostra storia. E tutto quello che sta sotto? Non si vede, ma è ciò che regge il nostro racconto, che gli permette di esistere.
Tutto quel che conosco è materiale che posso eliminare, lasciare sott'acqua, così il mio iceberg sarà sempre più solido. L’importante è quel che non si vede. Ma se uno scrittore omette qualcosa perché ne è all'oscuro, allora le lacune si noteranno.
Ernest Hemingway
Oltre questo per trovare le idee torna alla carica il solito consiglio: leggere e scrivere. D'altronde, se uno vuol fare lo scrittore!
L’imitazione non è sbagliata, è il plagio che è sbagliato. Imitare i propri modelli è necessario per imparare a costruire storie. Scrivendo e riscrivendo spesso si formano idee a cui non eravamo stati in grado di pensare. A volte basta partire da un immagine per scoprire la storia che nasconde.
Un altro buon modo per non lasciarsi sfuggire le idee è appuntarsele, in un taccuino o nelle note del telefono, arriverà il momento giusto di raccontare proprio quella storia e sarebbe un peccato averla lasciata sfuggire.
Appuntatevi tutto, un sentimento, una suggestione, la descrizione di un colore. Quando scrivete ogni cosa può tornarvi utile.
È un po’ la stessa cosa che ha fatto Sandro Veronesi in uno scritto del 2001 intitolato Le cose che ho da dire.

Infine un esercizio di scrittura divertente ci arriva da Gianni Rodari nel suo libro Grammatica della fantasia. È una tecnica che lui chiama “binomio fantastico” consiste nello scegliere due parole a caso, dall’accostamento bizzarro e scriverci una storia. Lo si può fare, ad esempio, aprendo il dizionario in due pagine casuali e scegliere la prima parola che ci salta all’occhio.
Insomma, diciamo che di modi per trovare idee ne abbiamo, qui te ne ho suggeriti alcuni, se vuoi puoi provare questi esercizi, potrebbe essere divertente e chissà che non ti permetta di trovare la tua storia.
Prima di salutarci però voglio darti un ultimo consiglio: non intestardirti. L’ispirazione e la creatività non sono sempre uguali, ci sono sempre quei periodi in cui vorremmo scrivere ma le parole, così come le idee, proprio non ci vengono.
Ecco, in questi casi chiudiamo il PC, o il nostro taccuino e lasciamo perdere. Facciamo altro. Leggiamo, guardiamo un film, cuciniamo una torta o usciamo a fare una passeggiata. Fissare il foglio bianco pensando di non avere idee non ci aiuterà a farcene venire, l’ispirazione arriverà quando meno ce l’aspettiamo, mentre stiamo facendo altro, magari è nel profumo di un biscotto, o nello scricchiolio di una foglia che pestiamo camminando. Tu non pensarci, e arriverà.
Ho da dire di uno yuppie che passa le giornate davanti alla scuola dove va la figlia; di un bambino down che passa sul marciapiede per mano alla madre, e che si volta lentissimamente, ma per lui di scatto, quando una macchina parcheggiata viene aperta col bip del comando a distanza; ho da dire delle automobili in mostra negli aeroporti, inchiodate sulle loro pedane oblique e girevoli, e delle ragazze con la minigonna e le calze velate che fanno loro compagnia, inchiodate anch’esse ai loro sgabelli; ho da dire tutto quello che so sui soldi, e soprattutto quello non so ancora; dei temporali elettrici d’oggigiorno, che fanno scattare gli allarmi delle macchine a ogni fulmine che cade, e sembra d’essere in mezzo a un bombardamento; delle sigarette che non riesci a spegnere, e per quanto le acciacchi rimangono accese; degli scherzi che ha fatto il cervello a me, ai miei amici, alle mie amiche, agli uomini delle mie amiche e alle donne dei miei amici; della spaventosa autonomia con cui può verificarsi l’erezione… del fare l’amore all’aperto, ho da dire, perchè è immensamente meglio che farlo al chiuso; delle straordinarie ondate di caldo in autunno e in inverno; della bellezza di certi proverbi, e in particolare di questo: “un conto è recintare il pollaio e un conto è prendere la volpe”; della straordinaria sensazione di libertà derivante dal non credere in Dio, della quale nessuno dice mai… della bellezza soverchiante di certi momenti in cui non accade assolutamente nulla… del fatto che non siamo mai veramente soli, siamo solitari; dell’entropia… della differenza che c’è (se c’è) tra scopare temendo di svegliare i genitori e scopare temendo di svegliare i figli; della fatica che si fa a riconoscere d’aver sposato la persona sbagliata; dei tre stadi dell’alienazione secondo Calvino e del fatto che secondo me ormai siamo più o meno tutti al terzo stadio: primo stadio, sono al lavoro e sogno di essere al mare; secondo stadio, sono al mare e sogno di essere al lavoro; terzo stadio, sono al mare e sogno di essere al mare.
Queste sono alcune delle cose che ho da dire, e siccome per scrivere bisogna dire, e io ho bisogno di scrivere, le dirò.
S. Veronesi








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