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Perché leggiamo?

  • Immagine del redattore: Veronica Buscarini
    Veronica Buscarini
  • 27 mag 2020
  • Tempo di lettura: 4 min


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Perché leggiamo?

Come è stato evidente dalle risposte che ho ricevuto martedì alla mia domanda su Instagram, il motivo è diverso per ciascuno di noi.


La lettura è un’attività antica. L’uomo da sempre ha bisogno di storie, storie che gli permettano di estraniarsi dal cosiddetto hic et nunc, di poter viaggiare con la fantasia e conoscere nuovi orizzonti.

Fino al 1700 la lettura era un attività collettiva, leggere ad alta voce era la norma, questo anche perché possedere un libro era una possibilità di pochi, e allo stesso modo era difficile potersi trovare soli in una stanza per dedicare del tempo alla lettura.

Addirittura fino al XVIII secolo leggere a letto prima di dormire era considerata un’attività da depravati; per leggere si aveva bisogno di illuminazione, e quindi di candele, e questo poteva rivelarsi davvero rischioso nel caso in cui ci si addormentasse; ne parla l’Atlantic in un articolo del maggio 2017 in cui viene raccontata la storia di Lord Walsingham ritrovato carbonizzato in quanto addormentatosi mentre stava leggendo.


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Oggi la lettura è invece un’attività soprattutto solitaria, raramente ci si ritrova tutti insieme per ascoltare qualcuno che legge un libro e questo ha anche modificato il rapporto che sviluppiamo con i nostri testi.

C’è chi legge perché vuole semplicemente distrarsi dalla quotidianità, nei ritagli di tempo, in autobus o, appunto, la sera per conciliare il sonno.

Ma perché scegliere di leggere invece che guardare, ad esempio, un film? Sempre di storie si tratta e ci permettono in ogni caso di distrarci, no?

Ciò che ci spinge però a scegliere di leggere un libro è il tipo di esperienza che la lettura permette. La lettura è una pausa alla frenesia del quotidiano, da un mondo in cui le informazioni ci bombardano di continuo e invecchiano velocemente. Il libro è una pausa, un tempo fermo e silenzioso, un rapporto intimo tra il lettore e la storia. C’è la possibilità di fermarsi, riflettere, il libro non si muove, resta lì, ci aspetta.

Oltre questo nelle pagine di un libro incontriamo il pensiero di un altro essere, narratore o personaggio che sia, e quasi mai ci capita nella vita di tutti i giorni di poter entrare a contatto in modo così approfondito con l’animo di un altro essere.

Ecco perché in molti leggono per ritrovare se stessi, per capire meglio la realtà che li circonda. Leggere permette di riposare un po’ le proprie pulsioni, riconoscerle anche in un altro, e sapere di non essere l’unico a provare un certo dolore o ad avere una certa stranezza. E leggendo lo si può scoprire anche senza doverne parlare con nessuno.


Ma è bene se la coscienza riceve larghe ferite perché in tal modo diventa più sensibile a ogni morso. Bisognerebbe leggere, credo, soltanto i libri che mordono e pungono. Se il libro che leggiamo non ci sveglia con un pugno sul cranio, a che serve leggerlo? Affinché ci renda felici, come scrivi tu? Dio mio, felici saremmo anche se non avessimo libri, e i libri che ci rendono felici potremmo eventualmente scriverli noi. Ma noi abbiamo bisogno di libri che agiscano su di noi come una disgrazia che ci fa molto male, come la morte di uno che era più caro di noi stessi, come se fossimo respinti dai boschi, via da tutti gli uomini, come un suicidio, un libro deve essere la scure per il mare gelato dentro di noi. Questo credo.

Franz Kafka, lettera a Oskar Pollak

Questo che ho riportato qui sopra è il pensiero di Kafka. Sì, forse per certi versi è un po’ estremo, però ammettiamolo, si legge anche per questo, si legge anche per imparare a vedere cose per le quali prima eravamo ciechi, per svegliarci dal torpore, e questo può essere rischioso, può far male.



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La lettura oltre a permettere di divagarsi o conoscere se stessi è anche un modo poter uscire da se stessi, scoprire un punto di vista diverso, un altro sguardo rispetto alla realtà. È imparare a pensare, conoscere, viaggiare nel tempo e nello spazio pur restando fermi. Uscire dalla propria comfort zone. Smettere di leggere sempre solo cose che sappiamo che ci piacciono, ma fare un salto nel vuoto, confrontarsi con altro, e in questo modo si cresce, si cambia e ci si scopre diversi.

È importante spaziare nella lettura così come nella vita. Chuck Palahniuk nel libro Invisble Monsters fa dire a uno dei suoi personaggi una frase che mi ha sempre colpita “Scopri quello di cui hai più paura e vacci a vivere”.

Il concetto è un po’ questo, non evitare ciò che pensiamo non ci possa piacere o che ci fa paura, perché potremmo scoprire lati di noi stessi che non conosciamo e che potrebbero sorprenderci.


I lettori non sono tutti uguali, molto di quanto ci può dare una lettura dipende anche dal tipo di lettura che facciamo.

C’è chi ama concentrarsi solo sulla trama, chi salta le pagine “più noiose” per poter seguire il corso degli eventi e arrivare alla fine; c’è chi si innamora dei personaggi; chi presta grandissima attenzione al lessico utilizzato, chi si crogiola nelle descrizioni gustando il modo in cui l’autore ha scelto di rendere alla pagina un certo ambiente o una certa emozione; c’è chi ama rileggere più volte i suoi libri preferiti per poterne cogliere ogni significato nascosto, e chi invece ha una wish list infinita e non legge mai lo stesso libro più volte.

Si potrebbe andare avanti davvero a lungo a indicare i diversi profili dei lettori, la cosa bella è che non c'è un modo giusto o sbagliato di leggere, ognuno legge a modo suo e cerca fra le pagine ciò che gli serve.

Un libro non invecchia, nel tempo si carica di significati, di idee, continua a parlare a una realtà in continuo movimento, fermandone un pezzettino.


E allora ecco perché leggiamo. Per parlare con qualcuno restando in silenzio, per farci leggere dentro pur senza doverlo dire a nessuno, per scoprire, per non avere fretta.


Le letture che ho fatto fino ad ora hanno sicuramente contribuito a rendermi chi sono, alcune più di altre.

E voi? Quali sono i libri che vi hanno aiutato a essere chi siete oggi?

Se vi va raccontatemelo nei commenti.

1 commento


sem.amicucci
sem.amicucci
02 gen 2021

Io mi sono ritrovato in un libro quando la mia professoressa di italiano mi ha fatto leggere un pezzo di "Giulia o la nuova Eloisa" di Jean-Jacques Rousseau in cui il protagonista Saint-Preux si descriveva come una persona sensibile. Lei diceva che quella era la mia descrizione. Sono stato colpito da quelle parole. C'era qualcuno che poteva capirmi. Fino ad allora mi sentivo a disagio per la mia natura perché mi sentivo diverso dagli altri. Ma in quel momento ho capito di non essere strano ma di essere speciale. Ho provato apprezzamento per il lato umanistico della letteratura. Sogno di scrivere anch'io un giorno qualcosa che possa aiutare le persone a scoprirsi.

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